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Giorgio Mocci

Modulo quadro
Equidistanti dalle applicazioni in chiave prospettica negli esercizi percettivi di Albers così come dalle nitida scansione della partitura piana nella geometria lineare di Mondrian, le variazioni su modulo quadro con cui Giorgio Mocci procede all’esplorazione dello spazio visivo, possono semmai richiamare la funzione espressiva delle combinazioni cromatiche giocosamente visionarie nei positivi-negativi e nelle curve di Peano di Bruno Munari, mutuando dalla larga campitura vivida di accentuazioni contrastanti sospinte sulla soglia della saturazione luminosa, la potenza comunicativa della sintesi simbolica dei colori primari, assurti a codice convenzionale nel linguaggio grafico contemporaneo, tutto rivolto all’esaltazione dell’immediatezza emozionale.

Dalla cifra esatta dell’astrazione bidimensionale, avvertita come estremo virtuosismo razionalistico, il passaggio ad una rivoluzione formale contrassegnata dalla scioltezza languida di macchie fluide inscritte nel dinamismo flessuoso di indefinite suggestioni evocative, si dischiude progressivamente all’inserzione dell’elemento realistico isolato, sineddoche di un pensiero emancipato dalle strettoie intellettualistiche, traccia naturalistica incuneata nella piegatura metafisica di una realtà fenomenica integralmente rifondata dallo spirito che contrasta la poca scienza di una semplificazione eccessiva quando essa coincide con la sottrazione di senso.

Entra in gioco con la terza dimensione, risolta nella variazione tonale della composizione coloristica, la prospettiva allargata di una vibrante immersione nell’universo mondo, restituito al sentimento della sua quintessenza vitalistica, ben lungi dall’intenzione mimetica dell’artificio rappresentativo, ma piuttosto sulla scorta della lezione simbolista, metafora presente del mistero assoluto, dissimulato dal sipario eziologico dell’apparenza deterministica.

Il carisma trasfigurante della coscienza rinnovata dalla rifrangenza intimista di una contemplazione interiore, conduce l'inversione di marcia di un “sintetismo espressionista” fino all’esito ultimativo di una superiore compenetrazione estetica e concettuale dell’esperienza animica: la quadratura del cerchio, l’equazione ricapitolare dell’enigma cosmico, il paradigma scientifico della ragione positivista incontrano in Mocci l’esigenza improrogabile del loro superamento, servono proprio a significare la statura dell’abisso che li trascende e che sta all’arte includere nel proprio campo d’azione.
Giorgio Mocci -  L O G O S  4  A R T