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Elisabetta Cioffi

Stati granulosi

Le strinate essiccazioni che screpolano la patina friabile della vernice intersecandola di arterie bituminose, scalfitture rugose di un camouflage alla rovescia che potenzia nell’esito forzoso di una truccata diacronia di invecchiamenti fittizi, indotta dal craqueler, l’esaltata gestualità della mescola materica, accentuano l’escrescenza plastica delle suturate campiture difformi che creano  il raspato bassorilievo del magma malleabile, diramato nella sfilacciatura granulosa della tessitura di un variegato patchwork cromatico. Le musive incastonature geologiche di leghe brunite di metalli duttili, di scaglie sfavillanti di minerali grezzi, di concrezioni pietrose di grumi raffermi di colate laviche cangianti, si alternano nel corrugato intonaco poroso della stesura compositiva ai vischiosi impasti fossili di tele sabbiate e corde ritorte, di schegge legnose e cristalli di sale, di carte catramate e pellicole collanti.

Le commistioni  di sedimentate tracce detritiche di primitivi graffiti parietali, di sostrati aurei ornamentali di classici ritrovamenti archeologici  decomposti, dialogano nella vicinanza intrusiva con le scorie dei procedimenti di raffinazione industriale, con gli scarti chimici di paraffine e carburanti, si contaminano reciprocamente negli slittamenti trasudanti che stingono di sensi antitetici le aree contigue di un espressionismo astratto e citazionista  che supera l’anarchia violenta dell’informale, acuendo la sintesi del figurativo nel verso della sua traslazione in archetipo naturalistico planetario e primario: il calco terrigno in cui si pigia molle il concavo anfratto dell’anca muliebre, la densità lagunare che lambisce di cobalto la propaggine erosa di una lingua desertica, la fiamma vorace del rogo improvviso che annienta la fatica monumentale dell’uomo.