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Arnaldo Dall'Oca

Genius Loci

Il vagheggiamento idilliaco di una meditazione bucolica assorta nell’amenità riparata di scorci agresti, si trasfonde nell’empito dell’afflato lirico cadenzato sulla melopea di accenti aulici  dell’egloga virgiliana, in cui “Mantua” genitrice si riconosce immergendosi nell’elegiaca liquidità di sommerse rimembranze, affioranti al riverbero tremulo di languide evocazioni sentimentali del villaggio natio.

Lo struggimento affettivo dell’ effusione di un abbandono estatico all’incantesimo del Genius Loci, dipinge la fiumana di cobalto, racchiusa in golfo docile di lago azzurro, e la corteccia muschiata verdemarcio nel folto dell’aulente rigoglio pastello che trascolora le gemme gentili e l'erbe delicate di una flora edenica soave, e la ninfea leggiadra ondulante sulle crespe lacustri e la radice ritorta infissa nell’humus friabile della macchia silvestre, la fronda del faggio curvo tra i viburni, sull’onda cheta di polla che flette, ombrata di canne fitte, la trasparenza dell’empireo celeste, aureolata da un trionfo di giunchiglie, nell'apoteosi sognante del globo terracqueo.

L’umidore fumigante di velature palustri si nebulizza nell’uggia della temperie cangiante al soffio di un’etere vibratile di suggestioni limpide, variabili reverìe rasserenate dal dardo fulgido del sole corrusco di memorie antiche, che forgiano lo stile improntato all’armonica compostezza di una classicità di ascendenze arcadiche, dispiegata nel gaio spaesamento del totale en plein air di grazie paesaggistiche, proprie alle vedute impressioniste francesi, sintesi di sublimata mimesi naturalistica trasfigurata nell’intimismo tenero di una speculare rifrazione della realtà sulla cartografia della mappa animica del panorama interiore.