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Paolo Dell'Aiuto

Storie di vetro

Gusci scivolosi di chele iridescenti, sfavillanti conchiglie minerali ricolme dei climi variabili di evanescenti e fumiganti cieli profondi, specchi lucidi di schermi curvi preposti a rifrangere la corteccia corrugata del reale sull' involucro ambivalente d'utensile di vetro, in una bizzarra anamorfosi, che trasforma nell'assurdo della distorsione visionaria, i lineari procedimenti di regolari attività percettive, catalizzano l'ansima volatile dell'anima nello spazio cavernoso di conche d'aria smossa, in una simbiosi assoluta con l'antropomorfo  di cui assorbono l'intima mutevolezza e rivelano l'empatia segreta, rappresentano la sostanza dell'idea travasata nella foggia dello spirito, suggeriscono le identità frantumate in cocci aguzzi, i dilemmi irrigiditi in cristalli , i significati intrusivi di trasparenti epifanie, le insoddisfatte aspirazioni trascendenti incalzate dal nichilismo dell'universo capovolto in una cosmica assenza antimaterica. 

Circonfuse dall'abbacinante chiarore aurorale oppure oscurate di lambenti penombre serotine, le bottiglie traboccanti di nulla, si stagliano statiche e diritte nell'ora indefinita del destino personale, nel luogo avulso di un infinito collettivo, permangono installate su piani logici disadorni, ritagliano aree geografiche del continente fisico a cui si sovrappongono, senza occultarlo ma lasciandosene fluidamente compenetrare, compiono la rotazione completa dell'emisfero mentale, raccolto in orbite fisse di coscienze razionali, in quantiche ondulazioni di eterni misteri.

Le pagine logore di libri consunti dall'usura della memoria, le foglie gialle arricciate nella spoliazione dell'autunno maturo s'accostano agli alambicchi agitati di vapori dispersi nella deriva nebulosa di un'aura raggiante dominante e leggera, onnipresente e pervasiva, turbolenta di soffioni umettati di brine che raspano di stridori dissonanti i corpi freddi di sabbia e silice, avvolgente di brezze tiepide che alitano nei  grembi accoglienti di ampolle, pregne d'atmosfera, in cui distilla la tempesta dell'elemento per farsi aromatica quintessenza di vita.

In quell'attonita immobilità di evento compiuto, in cui grava l'attesa sospesa sul limitare del futuro, la tersa luminosità spande a campire di bagliori serenanti l'empireo di una conoscenza diffusa, riflessa sulla patina liscia di una forma che forgia, presente e invisibile, e si moltiplica nelle rifrazioni impresse sulla retina di mille occhi riguardanti: l'isolamento malinconico di quest'ora meditabonda di verità pronunciate scolora il nitore essenziale e sobrio degli oggetti d'uso, disseminati a raccontare, muti testimoni eloquenti di un passato d'esperienze e di  prove, le età e le fasi, le manifestazioni ed i nascondimenti, le stasi e gli slanci, le vicende e le storie delle genti e dei popoli.